Codé Crai Ovest è nata dalla straordinaria lungimiranza di un gruppo di droghieri che nel lontano 1915 hanno capito che unire le forze avrebbe dato loro un maggior potere contrattuale.
A distanza di oltre un secolo, è cambiata l’Italia, sono cambiate le abitudini dei nostri connazionali, è arrivato il web che ha rivoluzionato il concetto di interazione tra le persone, ma una cosa non è cambiata: la capacità di Codé Crai, di rappresentare il punto di riferimento per la spesa quotidiana degli italiani.
A parlarci della storia del consorzio e della sua evoluzione è Tullio Quaranta, Direttore Generale e CFO di Codé Crai Ovest.
Dott. Quaranta, come dicevamo in apertura Codé Crai ha una lunga storia da raccontare, quali sono gli snodi essenziali che hanno portato il consorzio di droghieri a diventare uno dei più importanti player della Distribuzione italiana?
La nostra cooperativa ha avuto fin dagli inizi la capacità di comprendere le mutazioni della società stando a stretto contatto con le istituzioni da un lato e con i consumatori dall’altro.
I nostri soci fondatori hanno capito che questo era il corretto processo evolutivo di un insieme di commercianti che decidendo di acquistare insieme potevano evitare di sopportare costi in modo individuale spalmandoli così sulla intera compagine sociale.
Questa logica si è rivelata vincente ed ha permesso ai nostri soci di attraversare due guerre mondiali, le ricostruzioni, le crisi economiche restando attori sul mercato prima Torinese poi della area nord ovest, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e quasi totalmente della Lombardia.
Essere un’insegna di prossimità significa anche avere una grande responsabilità: la fiducia incondizionata del consumatore verso la “sua” insegna. Cosa fate per garantire sempre la massima qualità ai consumatori?
La responsabilità dei negozi di prossimità è molto più complessa di quanto non si pensi. I nostri punti vendita rappresentano sovente un punto di riferimento delle persone, anche quelle meno giovani, che ritrovano nei commessi o nello stesso titolare una persona disposta ad ascoltare oltre che un professionista in grado di dare suggerimenti e consigli. Sono in grado di capire le attività che avvengono nel territorio che li circonda segnalando situazioni di difficoltà. Sono (spesso) le uniche insegne – anche nel senso di luci – accese in alcune zone cittadine. Sono l’ostacolo alla desertificazione commerciale di molte aree montane. Insomma sono indispensabili, oltre che per l’attività specifica di commercio di generi alimentari e non solo, per mantenere vivo un tessuto commerciale e sociale.
Proprio la grande importanza attribuita da Crai ai rapporti umani mi porta alla più difficile delle domande: il terribile momento storico che stiamo vivendo rafforza ancora di più il rapporto tra i consumatori e i gestori dei piccoli punti vendita che, in questo contesto, svolgono quasi un ruolo sociale. Come ha vissuto Crai Codé questo terribile periodo di emergenza sanitaria?
Chiaramente il Coronavirus ci ha messo in una situazione di grande difficoltà, come è successo un po’ a tutti. Noi abbiamo vissuto questa emergenza da un doppio punto di vista: sia come Ce.Di Codé Crai Ovest; sia come rete di punti di vendita a cui questa merce arriva e che poi vende ai consumatori.
Come Ce.Di. abbiamo dovuto affrontare un picco di movimentazione che ci ha portato, nell’arco di pochissimi giorni, a passare dalle normali 800 pedane gestite al giorno, a 2000/2300 pedane giornaliere.
L’impatto sulla nostra organizzazione è stato molto forte: a partire dalla logistica che si è trovata a ricevere e preparare ordini con un volume triplicato rispetto alla normalità, al nostro ufficio acquisti che ha permesso una gestione puntuale di approvvigionamento, all’area amministrativa che ha dovuto gestire la ricezione e il pagamento delle fatture in tempi molto diversi dalla normalità.
In realtà è stata una prova importante per tutte le aree aziendali; prova che siamo riusciti a reggere attivando immediatamente un gruppo di lavoro d’emergenza che ci ha permesso di riorganizzare i flussi anche nella gestione interna. Tenga presente che ci siamo trovati davanti ad una situazione in cui, per far fronte alle richieste, abbiamo dovuto aumentare i turni di preparazione arrivando a lavorare anche fino alle 2 di notte.
Che misure precauzionali avete adottato all’interno dell’azienda?
In condivisione con l’ufficio sicurezza e prevenzione, per tutti i reparti che lo consentivano abbiamo adottato lo smartworking. Abbiamo inoltre utilizzato ferie e permessi per ridurre il più possibile il numero di persone presenti in azienda, prevedendo anche una rotazione per quei ruoli che non potevano essere gestiti con modalità di lavoro agile.
In sede inoltre, abbiamo riorganizzato gli spazi creando un percorso a senso unico di ingresso e di uscita e dei veri e propri “compartimenti stagni”, ovvero delle aree all’interno delle quali ogni dipendente poteva muoversi.
Sembravamo dei sottomarini che hanno delle porte stagne che bloccano il passaggio da un settore all’altro quando c’è il rischio di affondamento. In questo modo, in caso di contagio, il problema sarebbe stato contenuto al solo settore interessato dal problema, senza bloccare l’intera azienda.
Inoltre, dall’inizio dell’emergenza sanifichiamo gli ambienti ogni quindici giorni, acquistiamo in modo continuativo mascherine, gel igienizzanti e guanti senza dei quali ancora oggi non si può entrare in azienda.
Abbiamo infine predisposto dei test sierologici per tutti i dipendenti e devo dire che i risultati ci hanno confermato l’efficacia delle misure adottate, dato che ad oggi tutti i test hanno dato risultati negativi.
Come ha vissuto l’emergenza il punto vendita?
Nei punti vendita lo stress maggiore è ricaduto sul personale in cassa o nei banchi serviti; anche in questo caso abbiamo gestito immediatamente l’emergenza fornendo presidi di sicurezza personale e riorganizzando gli spazi.
Abbiamo infatti creato dei percorsi per favorire il distanziamento negli spazi interni e abbiamo messo del personale di controllo nelle zone esterne per disciplinare l’afflusso all’ingresso.
Nel corso delle settimane abbiamo anche introdotto ulteriori presidi come il plexiglass alle casse, che hanno lo scopo di tutelare maggiormente chi lavora a contatto con il pubblico.
L’impatto del Coronavirus si legge in modo pesante anche dal lato economico: quali sono gli effetti sul fatturato?
Il periodo più intenso, che per noi è iniziato a metà marzo ed è proseguito fino alla fine di aprile, ha portato un importante incremento di fatturato. In parte perché i consumatori si sono fatti prendere dalla paura di non trovare più i generi alimentari di prima necessità e in parte per la necessità di utilizzare i negozi più vicini alla loro abitazione.
Devo dire tuttavia che a fronte dell’aumento degli incassi, sono aumentati anche i costi relativi alle misure di sicurezza di cui abbiamo parlato poc’anzi.
Sono in molti a dire che la curva di crescita della DO si è arrestata e che oggi gli italiani sono impoveriti e quindi meno propensi all’acquisto. Può confermarlo?
Noi partiamo da un presupposto: i nostri sono negozi di vicinato che consentono di fare la spesa senza allontanarsi molto dalla propria zona di residenza. Elemento che è stato indubbiamente di grande aiuto durante il periodo di lockdown.
Oggi sicuramente stiamo vivendo un momento di parziale contrazione dei fatturati, dovuti un po’ alla ritrovata possibilità di fare la spesa al di fuori del proprio quartiere e un po’ alla riduzione della capacità d’acquisto dei consumatori.
Devo tuttavia dire che la situazione non è preoccupante come temevamo anzi, mettendo a confronto i risultati del mese di maggio 2020 con quelli del 2019 abbiamo riscontrato una crescita del +33%, dato per noi molto alto.
Un altro aspetto importante ci è stato fatto notare proprio dai consumatori che, oggi, ci dicono di avere “scoperto” che anche nel negozio “sotto casa” si trovano prodotti che erano abituati ad acquistare in Grande Distribuzione, a prezzi molto simili.
Segno che oggi la DO è in grado di offrire un prezzo se non pari, molto vicino a quello della GDO con un vantaggio in più: quando si entra in un negozio di vicinato con una idea precisa di cosa acquistare, si esce con un carrello contenente più o meno quei prodotti e un budget non differente da quello che ci si era prefissati.
Quando si va in un centro commerciale si entra con una lista e si esce, spesso, con un carrello (e uno scontrino) molto più pesante. Aspetto che in questo momento ha una sua rilevanza, proprio per l’impoverimento generale a cui facevamo cenno poco fa.
I prodotti a marchio ed in particolare la linea Piaceri Italiani, rappresentano uno degli elementi di punta dell’offerta CRAI. Che riscontro hanno avuto in questo periodo?
I prodotti a marchio sono la parte che più identifica l’offerta di CRAI e Piaceri Italiani ne rappresenta il top di gamma, la linea premium. Poche settimane prima del lockdown avevamo definito una nuova strategia commerciale ridefinendo al ribasso il posizionamento di prezzo oltre un centinaio di prodotti a marchio Crai.
Questo elemento, unito alla qualità dei prodotti di cui parliamo e, inoltre, alle difficoltà di approvvigionamento dei prodotti di marca che, nel periodo di picco, non ci sono stati consegnati nei quantitativi richiesti, hanno fatto sì che i nostri prodotti a marchio avessero un importante successo andando a creare un ulteriore principio di fedeltà con il Consumatore.
L’altro elemento che ci contraddistingue in termini di assortimento è rappresentato, come accennato prima, dal nostro top di gamma: Piaceri Italiani. Questa linea, avendo un posizionamento di prezzo più alto, e puntando sull’eccellenza del nostro territorio, è riservato ad una clientela che ricerca sempre di più la qualità e non il prezzo vantaggioso.
La nostra gamma sta raggiungendo un’ottima crescita, consolidandosi sempre maggiormente in questi ultimi mesi con un trend a doppia cifra. (fatturato alle casse)
Il segmento bio salutistico è altrettanto importante, che ripercussioni avete registrato in questo settore?
Il bio salutistico è l’espressione di un approccio culturale non legato ad esigenze di prezzo. C’è da considerare, anche in questo comparto, che i trend, nel periodo del Covid, hanno subito un grosso recupero in termini di fatturato alle casse anche se la quota all’interno dei reparti è ancora in fase di sviluppo.
Il nostro obiettivo è infatti quello di puntare ad un incremento di questa linea la quale rappresenta un altro elemento che ci contraddistingue in termini di assortimento e qualità, rendendola sempre più capillare nelle varie categorie merceologiche.
Secondo lei ci troviamo di fronte ad un nuovo consumatore?
Più che un consumatore sono convinto che siamo di fronte ad un nuovo mondo, diverso sotto tanti punti di vista. Non credo che saremo “migliori” perché le persone rimangono come sono, ma di sicuro abbiamo imparato delle cose nuove sia a livello familiare che a livello aziendale.
Abbiamo imparato per esempio lo smartworking o lavoro agile che prima, in aziende come le nostre, non veniva neanche preso in considerazione. Non sono convinto che sia “la soluzione” per il mondo del lavoro, perché isola molto le persone e limita i momenti di condivisione che hanno la loro importanza a livello umano, però può essere utile per particolari periodi o per alcuni giorni della settimana.
Poi abbiamo imparato, sia dal lato del punto di vendita sia dal lato consumatore l’utilizzo dell’e-commerce. Metodo innovativo per la spesa alimentare che ha avuto un importante incremento. Diciamo che abbiamo delle opportunità in più che prima non avevamo o non consideravamo.
Un’ultima domanda sul 2020, quali sono gli obiettivi di Codé CRAI Ovest per questo 2020 e come sono cambianti in funzione della pandemia?
Certamente la pandemia ha rallentato parzialmente le nostre attività di sviluppo, dico parzialmente perché poco prima dell’emergenza avevamo portato a termine tre nuove aperture molto particolari, perché ubicate nel bergamasco e a Lodi, quindi proprio nelle zone che per prime hanno vissuto il contagio.
Nel dramma però, questo è stato un bene per la comunità del posto che ha potuto usufruire di un servizio in più nel momento del maggiore bisogno.
Oltre questo stiamo lavorando molto nella zona della Lombardia e abbiamo in progetto di aprire sei nuovi punti vendita nei prossimi due mesi, quindi entro agosto. Anche in Piemonte è in programma la ripresa delle attività che sono costituite non solo dall’apertura di nuovi punti vendita, ma anche dall’acquisizione di negozi già esistenti.
Il mix tra le due cose ci fa prevedere un incremento di fatturato di almeno 6 milioni di euro.
Il tema delle acquisizioni mi fa venire in mente un’ultima domanda: quando si acquisisce un nuovo punto vendita uno degli aspetti fondamentali è il trasferimento dei valori d’insegna, che attività prevedete per la formazione del personale?
Di solito – lasciando da parte questo momento interessato dal Covid-19 – prevediamo corsi di formazione e periodi di affiancamento durante i quali trasferiamo ai nuovi soci la nostra storia e i nostri valori di insegna.
Il nostro primo obiettivo è infatti quello di formare il nuovo imprenditore/socio e a cascata tutti i dipendenti. Devo dire che l’impegno che mettiamo in questa fase è tanto, ma essere impegnati in queste cose è molto bello perché significa costruire e trasferire qualcosa in cui si crede.
Noi siamo un’azienda che ha una storia centenaria, c’è una sorta di fil rouge che ci accompagna e che viene tramandata alle nuove leve.
Codé è un modo di essere, non è solo un’azienda che acquista e vende merce, è il nostro modo di fare questo tipo di attività.
Io faccio parte di questa storia da 26 anni, ci credo moltissimo e amo trasferire ai giovani – che in questi giorni stiamo assumendo – i valori e l’essenza di ciò che siamo e ciò che rappresentiamo.