Intervista a Giorgia Pentasuglia Mediaplanner di Promomedia.
Tornano a crescere gli investimenti pubblicitari con un trend che, nel 2023 farà registrare un +2,5% rispetto all’anno precedente, con un valore complessivo di circa 9 miliardi di euro.
Sono queste le previsioni di Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa, l’associazione degli investitori pubblicitari che, al termine del primo semestre 2023, ha commentato le previsioni di inizio anno, confermando l’approccio positivo delle Imprese che, oggi, scommettono sulla comunicazione per non interrompere quel dialogo già avviato con i consumatori. E che questo autunno parta già con il piede giusto possiamo confermarlo anche noi di Promomedia che inauguriamo questo secondo semestre portando in TV due brand già presenti nella prima parte dell’anno: Luiss Guido Carli e Giò Style.
Secondo le stime di UPA inoltre, a crescere sono tutti i canali pubblicitari, ivi compresa l’editoria che negli ultimi anni aveva mostrato segnali di sofferenza.
Ma come come scegliere il canale più adatto a colpire il proprio target? E quali sono le cose da sapere per costruire un media plan efficace?
Lo abbiamo chiesto a Giorgia Pentasuglia, Media Planner di Promomedia.
I dati pubblicati da Nielsen per il primo semestre pubblicitario ci parlano di una crescita generalizzata sia per settore merceologico sia per canale di comunicazione e questo ci fa capire che i brand hanno bisogno di rinsaldare il rapporto di fiducia con i propri consumatori, allargando la visuale a tutti i target. Questa nuova generalizzazione implica la necessità di riequilibrare i mediamix con logiche tutte nuove che non significano necessariamente spingere a tavoletta sul digital.
Il digital è però uno dei canali che registra il trend di crescita più alto secondo le stime fornite da Nielsen.
Il digital ha registrato un trend di crescita del 6,1% in più rispetto all’anno precedente ma le statistiche ci parlano anche di una crescita esponenziale dell’ OOH (+ 13,1% per l’out of home) e della Go TV (+ 41,1%), a tutto ciò si aggiunge la progressiva crescita del più tradizionale degli strumenti, ovvero la TV lineare che, come confermano ogni anno i dati Censis e Auditel, nonostante la crescita delle piattaforme di streaming, resta il veicolo più efficace per parlare in modo trasversale a tutti i target.
Le piattaforme di streaming stanno inoltre accusando il colpo dei cambiamenti delle policy degli abbonamenti.
Questo è un aspetto che stiamo monitorando con grande interesse, la rivoluzione di Netflix che ha introdotto i profili con pubblicità è stata un’apripista per le altre piattaforme come Disney+ e Amazon Prime che oggi stanno ragionando con la stessa filosofia e questa per noi investitori è una grande opportunità. Oggi sono ancora pochi gli utenti che hanno fatto la scelta del downgrade del profilo di abbonamento ma siamo convinti che a breve l’esigenza di ridurre i costi per poter avere i propri programmi sempre disponibili faccia capitolare gli utenti che saranno disposti ad accettare la pubblicità anche sulle paid tv. E questo per noi significa avere l’opportunità di profilare gli utenti e di pianificare campagne mirate per fascia di utenti.
Ci parlava poco fa di OOH, un canale di comunicazione di grande impatto che però non offre la possibilità di tracciarne i dati.
Tutto dipende sempre dall’obiettivo della campagna e dal target da raggiungere. Il digital ci ha abituato al monitoraggio delle performance e anche la TV, con la tecnologia addressable, sta andando in quella direzione ma non dobbiamo dimenticarci che le campagne con obiettivo awareness possono ancora permettersi il lusso di non essere tracciate e possono godere dei benefici della visibilità offerta dagli strumenti tradizionali. Una campagna sui maxi schermi digitali delle più importanti stazioni ferroviarie italiane o la personalizzazione dei bus che circolano 24h al giorno in città offrono una garanzia di visibilità indiscutibile, perfetta per raggiungere un obiettivo di notorietà di un brand. Proprio di recente abbiamo utilizzato questi strumenti per comunicare i corsi di laurea di una delle più importanti Università italiane, la Luiss Guido Carli e i riscontri in termini di accesso al sito web nel periodo di esposizione della campagna sono stati eccellenti.
In apertura parlavamo della stampa, canale che da anni registra trend negativi. E’ ancora da considerarsi un canale di comunicazione valido?
La stampa è considerata ancora oggi il canale per comunicazione con i target istituzionali, con gli stakeholder. Se vogliamo parlare agli investitori o alle Istituzioni non possiamo prescindere dall’essere presenti sulle testate giornalistiche più autorevoli. É una questione di ruolo, di contesto, esserci è quasi un passo obbligato. Tuttavia si tratta di target di nicchia rispetto alla massa che parla un linguaggio commerciale e sappiamo tutti che i grandi budget si muovono con la logica delle performance e qui la stampa è penalizzata.
Tornando sul tema della TV, la televisione gioca ancora un ruolo centrale nella composizione dei media mix del 2023?
La TV ha il vantaggio di offrire molte opportunità in termini di formato, fare una campagna televisiva non significa necessariamente produrre e pianificare uno spot da 30 secondi che è un formato obsoleto e costoso. Oggi esistono formati molto più efficaci che rispondono ad esigenze differenti, ci sono ad esempio le sponsorizzazioni con billboard da pochi secondi da pianificare prima dei TG che, quindi, si rivolgono ai responsabili di acquisto, oppure gli spot da 10” da mandare durante i programmi della prima serata che parlano alle famiglie, o ancora gli spot da pochi secondi trasmessi durante le competizioni sportive che si rivolgono prevalentemente ad un target generalista ma maschile. In aggiunta a tutto questo non dobbiamo dimenticare le telepromozioni di cui abbiamo parlato in altre occasioni che convincono per la referenzialità dei conduttori che le interpretano. Un esempio che va in questa direzione è la campagna che abbiamo pianificato per Gio’Style che ha previsto un mix di formati: per la fase di lancio abbiamo scelto una telepromozione nell’ambito del programma “È sempre mezzogiorno” condotto da Antonella Clerici, per la fase di “crociera” invece abbiamo scelto una pianificazione tabellare con spot da 10 secondi, mix che verrà riproposto anche in questo secondo semestre dell’anno con una seconda TLP nell’ambito dello stesso programma televisivo.
La telepromozione è un po’ ciò che rappresenta l’influencer marketing per le nuove generazioni?
I giovani inorridirebbero al sentire questa definizione ma la logica di base è la stessa. I creator o influencer sono personaggi pubblici che godono di un buon credito presso il pubblico dei fan. L’ampiezza della fanbase non è rilevante, ci sono micro influencer che risultano addirittura più efficaci dei grandi, è il principio quello che conta. Se una persona di cui mi fido prova un prodotto e mi dà un consiglio, io lo considero valido e poco importa se quel consiglio è pagato. Il segreto per garantire il successo è lasciar libero il creator di esprimersi con il suo linguaggio e il suo stile in modo che il risultato non sembri artefatto. Oggi nei nostri mediaplan riserviamo spesso una fetta di budget per gli ambassador, influencer e creator affinché partecipino agli eventi commentandoli sui loro profili oppure creino reels, post o stories di commento ai prodotti che dobbiamo spingere.
Ci fa un esempio di campagna che ha visto il coinvolgimento dei creator?
Proprio in questi giorni è on air la campagna di comunicazione della Luiss Guido Carli per la promozione dei corsi della 42Roma Luiss, la scuola di coding a partecipazione gratuita il cui accesso è subordinato al superamento di una prova di ammissione chiamata “piscina”. I migliori vincono la borsa di studio a copertura totale dei costi. Per promuovere i corsi e spingere gli utenti ad iscriversi abbiamo usato tutti i canali: stampa, TV, digital e influencer. In particolare abbiamo coinvolto gamer molto attivi su piattaforme come Twitch, il social per eccellenza per gli appassionati di gioco e di coding, e TikTok che è il social in ascesa tra i giovani, chiedendo loro di spiegare in cosa consiste il metodo di insegnamento della 42Roma Luiss e come fare per iscriversi. E i risultati, che in questo caso sono tracciabili, sono stati ottimi.
In conclusione, se dovessimo racchiudere in un bullet point i consigli per costruire un mediaplan efficace, cosa dovremmo tener bene a mente?
- Ogni target ha il suo linguaggio: non possiamo parlare ad un ragazzo come parleremmo a suo padre per questo è necessario ripartire il budget in modo da arrivare in modo efficace a tutti i destinatari. Per fare un esempio, ai giovani potremo vendere una padella particolarmente performante con una ricetta realizzata da uno chef/ creator di TikTok ma a sua madre, la stessa padella, potrà essere suggerita con maggiore efficacia da Antonella Clerici.
- Il mediamix si fa con excel. Questa affermazione è un po’ iperbolica ma la verità è che non ci può essere approssimazione quando si fa un mediaplan. La scelta dei canali si fa in base ai dati che sono diversi a seconda del canale scelto. Costruire un media mix efficace significa saper leggere i dati sugli ascolti, sulla composizione del target, sui punti ora etc e creare un reticolo di incastri in grado di far arrivare sempre il contenuto giusto al pubblico giusto nel momento giusto.
- Differenziare i formati: non si può fare una campagna di comunicazione con un solo formato. Lo stesso tipo di contenuto deve sempre essere declinato in base allo strumento, per questo uno spot tv sarà necessariamente diverso da un video per i social media, semplicemente perché quando si fruisce un concenuto sui social il livello di attenzione si abbassa dopo 3 secondi mentre in TV la soglia è di 10 secondi. Quindi la narrazione dovrà essere diversa nei tempi, nei ritmi e nella stessa durata. Allo stesso modo un video non potrà essere uguale per tutti i social: TikTok richiede un linguaggio diverso da YouTube e da Facebook semplicemente perché parla a persone diverse, più giovani su TikTok, più adulte su Facebook e più selettive su YouTube.
- Mai dimenticare la CTA: l’utente va accompagnato per mano fino al compimento dell’azione che vogliamo fargli fare. Perché un utente arrivi ad acquistare un prodotto dobbiamo seguire tutte le fasi del processo, dobbiamo incuriosirlo, poi attrarlo e trattarlo come un gatto diffidente, poi ingolosirlo e dopo che avrà mangiato il formaggio… coccolarlo perché non si scordi quanto era bella la sensazione della pancia piena (ndr. si, lo sappiamo che i gatti mangiano i topi ma ci sembrava più goloso il formaggio….!)
- Un mediaplan non è un tatuaggio. Se qualcosa non va come abbiamo immaginato abbiamo gli strumenti per ricalibrare il mediaplan. Gli utenti come i telespettatori sono esseri umani, tanto belli quanto imprevedibili. Per arrivare al traguardo dobbiamo spiarli, monitorarli, seguirli e muoverci in funzione delle loro reazioni. Solo così il carrello si riempirà come noi vogliamo.
E ultima cosa… il mediaplan più efficace è quello che non finisce mai. Perché dopo aver agganciato il cliente non va lasciato mai. Ma a questo ci pensa il CRM e di questo parleremo tutti insieme ad ottobre!