Intervista a Lucio Lamberti, Professore Ordinario di Marketing Omnicanale alla School of Management del Polimi.
Ricchi di DATI ma poveri di INFORMAZIONI: le carte fedeltà sono un forziere di inestimabile valore ma i Retailer italiani non sono ancora pronti a capitalizzarle.
A parlarci di come un approccio data driven possa rivoluzionare il business della distribuzione moderna è Lucio Lamberti, Professore Ordinario di Marketing Omnicanale alla School of Management del Politecnico di Milano, che collabora con Promomedia, azienda leader di mercato nella promozione e comunicazione.
Partiamo da un presupposto, il sistema di competizione in un mercato privo di tassi di crescita significativi è un processo complesso – inizia Lucio Lamberti – Acquisire un nuovo cliente significa intraprendere una battaglia ardua in termini di comunicazione e promozioni e, nella fase successiva, mantenere alta l’asticella, pena l’abbandono.
Un processo costoso che, in un momento di stagnazione come quello attuale, non è sostenibile. Al contrario, lavorare sulla relazione con i propri clienti non è certo gratis, ma è un processo che nel tempo determina valore.
Questo processo è la customer relationship management, ovvero CRM. Pionieri del CRM sono i grandi come Amazon e i social del gruppo Meta che hanno iniziato a dimostrare ai propri clienti come, facendo tesoro dei dati maturati dalle continue interazioni, è possibile offrire esperienze di acquisto più efficienti e opportunità di vendita più fluide che, come conseguenza, portano alla percezione di un miglior servizio.
Parliamo dunque della Customer Centricity.
Esatto. La customer centricity è l’obiettivo a cui tendere. Oggi le imprese industriali e il mondo della distribuzione lavorano con un approccio prodotto-centrico il cui obiettivo è vendere quante più unità di prodotto a quanti più clienti possibili.
L’approccio customer centric parte da un presupposto diverso: i clienti non sono tutti uguali ma unici per cui l’obiettivo è conoscere il cliente, le sue abitudini e i suoi gusti e offrire soluzioni personalizzate, uniche.
Eppure la Distribuzione Moderna è un interlocutore privilegiato in termini di conoscenza del proprio cliente.
In linea di principio sì. La distribuzione è stata la prima ad adottare le carte fedeltà, uno strumento dal potenziale altissimo che viene utilizzato…per regalare asciugamani. I programmi fedeltà sono utilizzati per trattenere i clienti ma spesso si limitano a collection dai prodotti standardizzati, appiattiti, quando invece potrebbero offrire opportunità molto più profittevoli per l’Insegna.
Occorrerebbe un cambio di cultura che coinvolga tutti i livelli dell’azienda.
Più che un cambio di cultura, si tratta di cambiare la prospettiva. La cultura del dato la GDO ce l’ha. Un commerciale sa perfettamente quanti litri di birra sono stati venduti in un determinato giorno, quindi il dato secco lo legge. Ciò che non sa, perché non si è mai preoccupato di andare a cercare questa informazione, è quanti clienti hanno acquistato birra e chi sono questi clienti. È la differenza tra avere un dato, anzi un patrimonio inestimabile di dati, e avere un’informazione.
Parlavamo in apertura di promozioni come principale leva competitiva tra i Retailer, secondo lei il CRM può disinnescare questa pericolosa corsa al ribasso?
Siamo in un periodo storico in cui la competizione promozionale sta salendo per trattenere i clienti, in modo provocatorio potremmo dire che la distribuzione sta pagando la fedeltà.
In realtà leggendo i dati di acquisto di un cliente si possono capire tante cose e si può tornare ad offrire servizi a valore aggiunto per il cliente.
Faccio un esempio: se dallo storico degli acquisti leggo che un consumatore non ha mai comprato prodotti a base di carne posso dedurre che è rappresentante di un nucleo familiare vegetariano o vegano.
Ha dunque senso mandare una newsletter con promozioni per la “settimana del maiale”? Nel migliore dei casi questa operazione è solo uno spreco in termini di comunicazione, nel peggiore invece agisce come disincentivo per il consumatore che si può sentire infastidito dalla ricezione di comunicazioni sgradite.
Sentiamo spesso parlare di spesa predittiva, in cosa consiste?
La spesa predittiva che Amazon e alcuni Retailer italiani hanno già adottato con successo, si basa sull’analisi dello storico degli acquisti di un determinato cliente, l’algoritmo è in grado di calcolare la frequenza di acquisto di un prodotto da parte di un utente e di suggerire un carrello precompilato con i prodotti che si presume l’utente debba riacquistare.
Qual è il messaggio che arriva all’utente? Ti conosco bene e per questo ti consento di risparmiare tempo preparando per te il carrello della spesa con i prodotti che acquisti frequentemente.
Con questo tipo di servizio la variabile prezzo tende a sfumare perché per un cliente il risparmio di tempo può avere un valore percepito più alto rispetto al risparmio in denaro, come nel caso di Amazon, è comodo ma non necessariamente il più conveniente.
Il CRM consente di arrivare a questo tipo di analisi predittiva?
Assolutamente sì. I sistemi di CRM come quello implementato da Promomedia, offrono diversi tipi di analisi del carrello e consentono di attivare varie funzioni a seconda dell’ambiente in cui l’utente si sta muovendo.
È chiaro che la spesa predittiva è attivabile esclusivamente sulle piattaforme di e-commerce, in quanto prevede la pre-compilazione del carrello elettronico, ma ci sono altre funzioni a disposizione per gli utenti che effettuano la spesa nei negozi fisici.
Parliamo di funzioni basic come l’invio di promozioni legate a particolari eventi, come il compleanno, oppure funzioni più elaborate come le promozioni basate sullo storico, quindi nell’esempio citato poc’anzi, all’utente che acquista solo prodotti vegani possiamo proporre una promo su un prodotto veg o vegetariano che ancora non conosce.
Una funzione ancora più avanzata e più interessante potrebbe essere quella del suggerimento d’acquisto legato allo storico di altri utenti/clienti che hanno un profilo analogo.
Mi spiego meglio, se dall’analisi delle carte fedeltà si evince che due utenti hanno un profilo cliente simile e si nota che l’utente A acquista un prodotto che l’utente B non acquista ma che è coerente con le abitudini, si può inviare una newsletter che a margine contiene il suggerimento “altri utenti hanno acquistato anche…”
Questa pratica, frequente negli store online, rappresenta il primo caso di attività valida anche per gli utenti offline.
L’e-commerce è un tema molto discusso per la Distribuzione Moderna, per molti è il futuro ma a conti fatti sembra non essere sostenibile. Lei cosa ne pensa?
L’e-commerce ha costi enormi dal punto di vista logistico e per questo è un tema dibattuto. La domanda è: come faccio a creare valore? La risposta è che non crea valore in sé, ma che crea valore rispetto alla relazione con il cliente.
Mi spiego meglio: se prendo un cliente online è molto probabile che il conto economico non torni, tra costi di materia prima, costi di consegna, personale per il picking e tutto il resto.
Ma ciò che stiamo osservando con l’analisi dei dati è che, mediamente, il cliente online tende ad essere multicanale, ma i clienti che scelgono l’e-commerce sono proprio i clienti che mediamente valgono 3 volte di quelli che spendono solo in negozio. Quindi sono i migliori clienti.
Questo significa che in un approccio prodotto-centrico l’e-commerce non conviene, è una perdita. Invece, nella prospettiva cliente centrica, chiudere l’e-commerce significa rendere insoddisfatta la fascia migliore dei tuoi clienti.
L’e-commerce dunque ha senso di esistere nel momento in cui diviene un canale di contatto con la tua migliore clientela.
Quali sono gli ostacoli all’adozione di una filosofia data driven?
Il principale ostacolo è l’organizzazione della GDO. I commerciali hanno interesse a vendere una determinata categoria di prodotto, perchè ai volumi sono legati i premi, poca importanza ha il fatto che il cliente sia o meno tesserato o che sia o meno profilato. La lettura dei dati cliente centrica è una competenza che la distribuzione ancora non ha al suo interno.
Certo, è un processo in via di evoluzione e i manager più illuminati stanno inserendo nei propri staff dei data scientist, ma è ancora presto e non c’è uno storico di lavoro su questo tipo di tematica. Si tratta di una rivoluzione epocale, che può portare enorme valore all’intera organizzazione.
L’approccio data driven si estrinseca nel solo CRM?
Assolutamente no. L’analisi dei dati e l’uso dell’intelligenza artificiale può essere d’aiuto anche nel category management e nel riordino degli acquisti perché interviene in via predittiva nella stima dei quantitativi di prodotto da acquistare e quindi nell’ottimizzazione delle scorte in magazzino e nella riduzione dello spreco alimentare. Ma qui apriamo un capitolo lunghissimo che merita un approfondimento a parte.
Un’ultima domanda: secondo lei i clienti sono restii a condividere i propri dati?
Il trattamento dei dati è sicuramente un tema discusso e sicuramente ci sono stati diversi casi di abuso ai danni degli utenti.
Il tema non è se l’utente sia più o meno disposto a cedere i suoi dati, ma è che l’utente determina il suo livello di propensione a cedere i suoi dati in funzione del beneficio che ne trae.
Se ti dico: dammi i tuoi dati e basta è evidente che troverò resistenze, ma se ti dico: dammi i tuoi dati così ogni mese riceverai in omaggio un campione di un prodotto della tua zona o una promo su un prodotto che tu usi abitualmente, il discorso cambia.
Come detto prima, le tessere fedeltà sono l’esempio storico di come si possa ottenere la fiducia del cliente ma è solo il primo passo verso un cambiamento di valore che i Retailer sono chiamati a fare.